Un viaggio sulla Vigezzina, un buon esempio di ferrovia turistica

Un viaggio sulla Vigezzina, un buon esempio di ferrovia turistica

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di Massimo Ferrari, presidente Assoutenti/Utp

Ho effettuato nei giorni scorsi un breve viaggio da Milano a Malesco per riprovare, dopo molti anni, la Vigezzina, un caso di scuola di come il treno locale possa ancora giocare con successo la carta della mobilità sostenibile. La ferrovia Domodossola-Locarno è una linea a scartamento metrico transfrontaliera di 52 km. Aperta al traffico nel 1923, e fin dal principio a trazione elettrica, costituiva la via più breve per collegare la Svizzera Romanda al Ticino, senza attraversare i cantoni di lingua tedesca: non un semplice legame diretto tra le popolazioni di cultura latina, ma la via più breve ed economica tra le due regioni elvetiche. In territorio italiano il trenino azzurro svolgeva anche una funzione di trasporto locale tra i comuni della Val Vigezzo ed il capoluogo ossolano.

 

Oggi, dopo l’apertura della galleria di base del Gottardo, può risultare più conveniente in termini di tempo andare da Lugano a Ginevra o a Losanna passando a nord delle Alpi. Solo tra il Ticino e il Vallese (Sierre, Sion), la Vigezzina offre ancora un itinerario preferibile. Inoltre il traffico locale in Italia si è ulteriormente ridotto, con la diffusione dell’auto e dello spopolamento dei piccoli comuni montani. Tutto ciò lascerebbe presagire l’inesorabile declino di questa ferrovia. Invece non è così.

 

Grazie soprattutto al governo di Berna, la Domodossola-Locarno sopravvisse agli anni della motorizzazione incalzante, quando in Italia molte linee di montagna venivano chiuse e sostituite con autobus (che negli anni successivi hanno quasi sempre perduto buona parte degli utenti).

La Vigezzina, al contrario, fu preservata e ammodernata, grazie alla breve penetrazione sotterranea alla stazione di Domodossola ed a quella ben più significativa sotto il centro di Locarno, che hanno permesso di eliminare i binari in sede stradale. Anche il materiale rotabile è stato rinnovato, con l’acquisto di elettrotreni panoramici che consentono di ammirare gli splendidi panorami della Valle dei Pittori. Non siamo, forse, al livello del più celebre trenino rosso del Bernina, patrimonio dell’Umanità Unesco, ma la scelta di fondo è la stessa.

 

In una bella giornata infrasettimanale, soleggiata ma priva di neve, con i piccoli centri della valle quasi deserti (il turismo locale si concentra nei mesi estivi o durante le feste di fine anno), le corse transfrontaliere (11 coppie al giorno) erano discretamente affollate da escursionisti in prevalenza stranieri, mentre il traffico locale sembrava ridotto ai minimi termini.

 

Le stazioni, impresenziate (salvo Santa Maria Maggiore), sono pressoché immuni dal vandalismo. L’evasione tariffaria è impossibile, perché a bordo il conduttore non se ne sta in cabina col macchinista (come, di fatto, impongono le assurde normative di sicurezza presenti sul resto del territorio nazionale), ma nel giro di pochi minuti controlla cortesemente i titoli di viaggio. Le fermate intermedie sono quasi tutte facoltative e si prenotano schiacciando un pulsante.

 

I prezzi dei biglietti sono relativamente elevati (9.90 euro per un percorso a/r di 44 km, inclusivo di “supplemento panoramico”), ma, del resto, quasi tutti gli escursionisti sono dotati di carte di libera circolazione “Vigezzina no Limits”, che consentono viaggi illimitati per uno o due giorni (12 o 17 euro rispettivamente) La sensazione è quella di una gestione in sostanziale equilibrio economico con un buon indice di gradimento del pubblico. Una volta posta a carico della collettività la manutenzione dell’infrastruttura, le spese di gestione non dovrebbero essere di molto superiori a quelle di un bus. Che, però, richiamerebbe ben pochi turisti e viaggerebbe spesso semi vuoto.

 

Alla vigilia del Mese delle Ferrovie Non Dimenticate ed il Mese per la Mobilità Dolce per difendere e valorizzare le linee secondarie italiane e giunto ormai alla sua decima edizione, quella della Vigezzina mi sembra una gestione virtuosa cui bisognerebbe ispirarsi.

Ma al ritorno a Domodossola i doganieri mi hanno chiesto i documenti: evidentemente non credevano che provenissi da una località sita in territorio italiano…

 

 

 

Febbraio 2017

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