DA FIRENZE AD AOSTA CON LA MARATONA FERROVIARIA 2018
Massimo Ferrari (Presidente Assoutenti/Utp aderente ad AMoDo)
La Maratona Ferroviaria 2018, organizzata dalle Associazioni aderenti ad AMoDo a conclusione della Primavera della Mobilità Dolce, si è sviluppata da Firenze ad Aosta tra il 18 ed il 20 giugno. Segue iniziative analoghe effettuate negli anni precedenti: la Maratona Adriatica del 2015 da Rimini a Gallipoli, quella del Mezzogiorno nel 2016 da Palermo a Napoli, quella Transfrontaliera del 2017 da Trieste a Gemona del Friuli, passando per la Slovenia e la Carinzia austriaca.
Il ritrovo dei partecipanti era stato fissato alla stazione di Firenze Santa Maria Novella, affollatissima da viaggiatori e turisti, nella tarda mattinata di lunedì 18. Lì è avvenuto l’incontro informale con una funzionaria della Regione Toscana, che ha tenuto a sottolineare l’impegno della amministrazione in favore del trasporto su ferro. In effetti, la giunta guidata dal governatore Rossi (centro-sinistra), anche negli anni più duri della crisi economica, non ha chiuso nessuna linea, anzi ha investito sia nel rinnovo del materiale rotabile che nella messa in sicurezza delle tratte meno frequentate, e quindi più a rischio, come la Porrettana, la Siena-Grosseto e la Cecina-Volterra.
Dopo una breve sosta a Lucca (stazione ora dotata di un deposito bagagli con noleggio bici), per un incontro con le associazioni ambientaliste locali, abbiamo ha percorso la bellissima linea della Garfagnana, frequentata da pendolari nella bassa valle del Serchio, molto meno nella zona di valico, che meriterebbe una adeguata valorizzazione turistica.
Alla nuova stazione di Aulla Lunigiana (una piccola cattedrale nel deserto, priva di servizi e distante dal centro abitato), è avvenuto l’incontro con i rappresentanti dei Comitati che difendono e cercano di promuovere il servizio su rotaia, anche attraverso la produzione di un documentato dossier.
Il caso della Pontremolese è uno scandalo di portata nazionale. Nel corso dei decenni si sono spese ingenti risorse, sia sul versante autostradale (la cui sede, esposta a movimenti franosi, ha dovuto essere integralmente rifatta per lunghi tratti), sia col raddoppio ferroviario, in parte realizzato, senza tuttavia registrare tangibili migliorie. Le due coppie di treni Milano-Livorno continuano ad impiegare quattro ore e mezza e si fa più in fretta passando per Genova o per Firenze.
Tra La Spezia e Genova, meta della prima tappa, c’è stato modo di effettuare una breve sosta a Monterosso, gremita di turisti, nonostante la stagione estiva appena all’esordio. E si è potuto constatare il beneficio del Cinque Terre Express, voluto dalla giunta Toti, per incentivare l’uso dei treni e contenere la congestione viaria in una zona di particolare pregio ambientale. Anche l’amministrazione ligure (centro-destra) si è comportata bene, intensificando ove possibile il servizio e riaprendo la linea turistica per Casella. minacciata da smottamenti franosi.
Martedì mattina, infatti, la comitiva di AMoDo ha potuto effettuare un sopralluogo a questa bella ferrovia, percorrendola fino a Torrazza su una vettura d’epoca, accuratamente restaurata con arredi in legno e velluti. Splendidi i panorami dall’alto sulla valle del Bisagno. Genova comincia finalmente a valorizzare le proprie originali infrastrutture di mobilità verticale: una dozzina di impianti tra funicolari, tranvie a dentiera, ascensori, e mezzi ibridi, come Montegalletto e Quezzi, proposti ai visitatori anche attraverso pubblicazioni tradotte in più lingue.
Dopo una breve sosta nella stazione di Savona Mongrifone (altra discutibile realizzazione architettonica che, a quarant’anni dalla tribolata inaugurazione, non si è ancora pienamente integrata nel tessuto urbano), la carovana è entrata in Piemonte, culla della rete ferroviaria italiana ai tempi di Cavour ed oggi pecora nera a livello nazionale. Infatti, nell’estate del 2012, la giunta Cota (centro-destra), a seguito del dissesto finanziario derivante essenzialmente dalla “mala gestio” sanitaria, oltre a non poche “spese pazze” degli eletti, “sospese” ben 14 linee ferroviarie, per circa 700 chilometri di sviluppo.
Una di queste la incontriamo a Ceva, dove la linea per Ormea (36 km lungo l’alta valle del Tanaro) è stata parzialmente riscattata da Fondazione Fs, in attesa che vengano riparati i danni dell’alluvione 2017. Ci accolgono sindaci e associazioni locali, orgogliosi di mostrare alcune pregevoli realizzazioni come il Museo Storico di Nucetto, ricavato nei locali dell’antica stazione.
Qui mi sovviene una manifestazione tenutasi nel 1985 in difesa della linea, allora minacciata dal taglio paventato dal ministro Signorile. Avvicinandosi la trasformazione dell’Azienda Statale Fs in Ente autonomo (e poi in Spa) il governo dell’epoca aveva pensato bene di alleggerirne il fardello dalle molte linee considerate improduttive. Poiché la manovra rischiava di passare sotto silenzio, mi recai a Roma con un amico per sensibilizzare Lucio Libertini, allora responsabile Pci dei trasporti. Il senatore prima sembrò minimizzare, poi. a seguito del clamore suscitato sui media da una conferenza stampa di Assoutenti/Utp (L’Unità aveva titolato in prima pagina “Addio ai treni”!), decise di cavalcare la protesta.
Sostenute da amministratori locali ed organizzazioni sindacali dalle Alpi alla Sicilia, si svolsero in quel lontano inverno decine di manifestazioni che convinsero Signorile a ridimensionare drasticamente il taglio. A cadere sotto la scure del governo furono soltanto la Castelvetrano-Agrigento (a scartamento ridotto) e la Fano-Urbino, su cui aleggeavano gli appetiti degli autotrasportatori. Ma perché nel 2012 non è avvenuto nulla di simile in Piemonte?
Me lo spiega indirettamente il simpatico sindaco di Ormea, che era già primo cittadino nel 1985. Allora lavoravano sulla linea oltre 60 ferrovieri, oltre al personale viaggiante. Un costo insostenibile per una tratta obiettivamente debole. Nel 2012 tutte le stazioni erano divenute impresenziate e, perciò, il costo di esercizio si era drasticamente ridotto. Ma non c’era più nessuno a difendere la ferrovia. A dimostrazione del fatto che i conti economici valgono fino a un certo punto (a differenza di quel che pretenderebbero certi economisti). Ma pure che in Italia i treni hanno sempre viaggiato pensando più agli interessi dei ferrovieri che a quelli dei passeggeri.
Tra Nucetto e Ceva sperimentiamo il ferro ciclo, un carrello montato sui binari e dotato di pedalata assistita. Si sfiorano i trenta chilometri all’ora senza grande sforzo, coprendo i 13 chilometri in poco più di mezz’ora. Potrebbe essere un’opportunità per una forma di fruizione escursionistica a costo zero che ha già avuto successo in Francia in situazioni analoghe e che potrebbe permettere si salvaguardare l’infrastruttura ferroviaria per i (rari) treni turistici ed in attesa di tempi migliori. Sempre che le ottuse direttive dei supervisori della sicurezza non riescano ad affossare anche questa forma di gestione.
La sera approdiamo al Museo Ferroviario di Savigliano. Un’ampia struttura che ospita decine di rotabili di tutte le epoche, oltre ad una imponente mole di oggetti e documenti, anche rari, di interesse storico. I volontari che gestiscono la struttura ci accolgono con entusiasmo, assieme agli amministratori locali, visto che il Museo è una tra le principali attrazioni della cittadina.
La mattina di mercoledì, presso i locali del Museo, avviene l’atteso incontro con un funzionario della Regione Piemonte, in rappresentanza dell’assessore Balocco. L’attuale amministrazione Chiamparino (centro-sinistra) si propone di ovviare ai danni prodotti dalla infausta delibera della Giunta Cota, ma i fondi disponibili sono scarsi e le procedure per la messa a gara dei servizi ovviamente complesse e farraginose. Come sempre, per fare un disastro bastano pochi giorni, per rimediare, eventualmente, occorrono lunghi anni.
L’attuale Giunta – che scade il prossimo anno – ha in programma di riaprire la linea Savigliano-Saluzzo entro la fine del 2018 ed intende anche ripristinare il servizio passeggeri tra Novara e Varallo Sesia (dove oggi corrono solo treni turistici), tra Mortara e Casale Monferrato, tra Vercelli e Casale, tra Asti ed Alba (ma qui occorre riparare una galleria), tra Chivasso e Brozolo. Sembra che questi intendimenti siano condivisi dalle attuali opposizioni. Staremo a vedere.
Nel pomeriggio di mercoledì un drappello ridotto (come al Giro d’Italia, la piccola carovana si è assottigliata lungo il percorso per gli impegni dei partecipanti) si spinge fino ad Aosta, per perorare la riapertura della linea di Pré Saint Didier, chiusa a fine 2015 dall’uscente amministrazione regionale. Nella Vallée, ormai, le residue colorazioni politiche ancora presenti nella Penisola si sono amalgamate in schieramenti difficilmente classificabili.
Nonostante il cambio di vettore imposto ad Ivrea in attesa dell’arrivo dei bimodali e la velocità commerciale non certo entusiasmante, i treni sono discretamente pieni, mentre i bus in circolazione per le vie del capoluogo sembrano desolatamente vuoti. Le Associazioni ambientaliste valdostane continuano caparbiamente a sostenere le ragioni della rotaia e propongono in conferenza stampa non solo la riapertura della Pré Saint Didier, ma anche il prolungamento fino a Courmayeur, magari attraverso una funicolare per superare il dislivello, simile a quella recentemente attiva a Champoluc.
Si realizzerebbe una straordinaria teoria di infrastrutture innovative fino a Chamonix, in Francia, interscambiando con la spettacolare funivia del Monte Bianco, da poco integralmente rinnovata. La ferrovia valdostana (che consente anche l’accesso al Forte di Bard ed al suo formidabile museo della montagna) potrà in futuro offrire una valida alternativa per le relazioni su Torino, bimodali permettendo. Verso Milano, in mancanza di una bretella mai realizzata tra Ivrea ed Aosta, non resta che prendere l’autobus. E concludere la Maratona nel periferico terminal di Lampugnano.
Massimo Ferrari
Presidente Assoutenti/Utp
aderente ad AMoDo