“Le ferrovie delle meraviglie”. Il viaggio vale la meta: la nuova primavera della mobilità dolce.
di Massimo Bottini (Italia Nostra)
La rete che trasforma il turista in viaggiatore.
Osservando la mappa delle linee ferroviarie dismesse del nostro Paese ci si rende immediatamente conto che esse disegnano una trama tessendo legami tra territori e quindi tra comunità locali. Non si tratta solo di una interessante rappresentazione geografica ma anche di altro, quella che si ha davanti agli occhi è la trama di un racconto che narra di identità locale, paesaggio, cultura, saper fare, eccellenze……
Il ripristino della Sacile/Gemona o di una linea dismessa equivale a riannodare le parti del racconto e a ricominciare una narrazione. La rete dei trasporti non sarà più solo di collegamento, come spesso è definita e intesa, ma tornerà ad esprimere la sua vocazione originaria quella di rete di comunicazione.
Il treno è una via di comunicazione che opera su diversi livelli. Il primo, il più evidente, è quello del mettere in relazione luoghi e persone. Il secondo poggia sul primo ma aggiunge alla relazione lo scambio da cui scaturisce la creazione, gli incroci della trama sono ambienti ideali per mettere insieme e dare forma. Il terzo ha le sue basi sui due precedenti e si nutre di essi, è il livello del racconto vero, abilità molto diffusa tra le linee a non alta velocità. Linee che percorrono paesaggi significativi immersi in un territorio ricco di cultura e di eccellenze del saper fare.
Spostarsi utilizzando queste tratte ha anche il risultato di trasformare il turista in viaggiatore dato che il viaggio è già ascolto e esplorazione. Se la meta non è più l’elemento fondamentale e la sola giustificazione dello spostamento allora il tempo per raggiungerla non dovrà solo obbedire alla legge della maggior contrazione possibile ma potrà espandersi fino a raggiungere la giusta misura per consentire alla narrazione di agire.
Fino ad oggi le comunità locali hanno custodito il patrimonio culturale, resistito e sono state in grado di non interrompere quella dinamica di scambio cultura natura che produce il paesaggio. Una resistenza silenziosa, una resilienza. La possibilità di rianimare una via ferrata rende quelle comunità meno sole e più forti, offre occasioni di scambio e costruzione di percorsi condivisi.